Appena pochi giorni fa, il Presidente dell’Ordine si è premurato di richiamare l’attenzione degli iscritti sulle problematiche connesse ai rischi derivanti dall’attività professionale e sulla necessità di un’adeguata copertura assicurativa che sia idonea a prevenirli, specialmente in prospettiva futura.
Quasi contestualmente a tale opportuno richiamo, la Corte di Cassazione è intervenuta sull’argomento, chiarendo alcuni aspetti relativi alle clausole dei contratti di assicurazione per responsabilità sanitaria che è utile segnalare.
La questione esaminata dalla Corte riguardava una domanda di risarcimento per errata prestazione medica, in relazione alla quale era stata richiesta manleva nei confronti dell’assicuratrice, la quale aveva però eccepito l’inoperatività della garanzia perchè la polizza conteneva una clausola claims made[1], che limitava la copertura alle richieste di risarcimento pervenute entro dodici mesi dalla scadenza del contratto.
Emessa in primo grado condanna al risarcimento e accolta la richiesta di manleva a carico dell’assicuratrice, l’appello di quest’ultima, inteso a far valere l’inoperatività della polizza, veniva respinto, sul presupposto della nullità della clausola di ultrattività solo annuale della garanzia, perché essa aveva reso il contratto di assicurazione privo di causa concreta in ragione dell’eccesiva limitazione temporale della copertura e della mancata previsione di una sunset clause[2], dovendo, pertanto, essere sostituita dal giudice con una clausola di ultrattività decennale sulla base del modello legale tipizzato dalla legge n. 4/2017.
Tale soluzione, che muove dal riconoscimento delle esigenze di adeguata protezione dell’assicurato per la responsabilità civile sanitaria, le cui condotte possono causare danni lungo-latenti per i quali non è infrequente che giunga postuma la richiesta di risarcimento da parte dell’interessato[3], è stata, tuttavia, ribaltata dalla Corte di Cassazione.
I giudici di legittimità hanno, infatti, escluso che la mancata previsione di una sunset rule che assicuri l’ultrattività almeno decennale della garanzia assicurativa, così come prevede la legge Gelli-Bianco ma solo nel caso di cessazione dell’attività professionale, costituisca di per sé un “buco di copertura” da colmare mediante l’intervento riequilibratore del giudice. Al quale, invece, spetta valutare caso per caso se la specifica conformazione della clausola claims made, cioè la combinazione tra copertura pregressa ed ultrattività, riguardata alla luce del rapporto tra rischio e premio, svuoti o meno di ogni utilità il contratto.
Sebbene, in concreto, la Cassazione abbia rimesso di nuovo il giudizio alla Corte di merito per procedere alla suddetta verifica, le motivazioni della sentenza lasciano intendere che la previsione di una clausola di ultrattività solo annuale possa comunque ritenersi valida, «essendo ridotta la possibilità che si crei una scopertura della garanzia per parte del periodo per il quale è stata stipulata l’assicurazione e, verosimilmente, è stato pagato il premio: sia perché non esclude totalmente le richieste di risarcimento postume rispetto alla scadenza del contratto (essendo consentite quelle avanzate nell’anno successivo alla cessazione del contratto); sia perché detto ultimo termine è da ritenersi congruo anche in relazione alla durata triennale del rapporto assicurativo».
In definitiva, l’“equilibrio” nelle assicurazioni per responsabilità civile sanitaria non pare propendere a favore dell’assicurato.
avv. Mariano Morgese
[1] Letteralmente “a richiesta fatta”, in base alla quale la garanzia opera per i danni il cui il risarcimento venga richiesto durante il periodo di vigenza della polizza, a differenza della clausola loss occurrence ordinariamente prevista dall’art. 1917 c.c., in relazione alla quale l’operatività della garanzia è limitata ai fatti/eventi dannosi avvenuti durante il periodo di vigenza della polizza, a prescindere dalla data di richiesta del risarcimento.
[2] “Clausola del tramonto”, che prevede la copertura anche quando la richiesta risarcitoria interviene dopo la scadenza del contratto.
[3] Ed è la stessa Corte di Cassazione ad aver ricordato, in precedenti pronunce del 2017, che «è praticamente impossibile che la vittima d’un danno abbia la prontezza e il cinismo di chiederne il risarcimento illico et immediate al responsabile. Ciò determina uno iato tra il tempo per il quale è stipulata l’assicurazione (e verosimilmente pagato il premio), e il tempo nel quale può avverarsi il rischio”, in considerazione del fatto che “nell’assicurazione della responsabilità civile sanitaria è ovviamente possibile che l’assicurato causi danni a terzi anche negli ultimi mesi, o giorni, od ore precedenti la scadenza del contratto. Questo iato temporale è inconciliabile con il tipo di responsabilità professionale cui può andare incontro il medico, la cui opera può talora produrre effetti dannosi a decorso occulto, che si manifestano a distanza anche di molto tempo dal momento in cui venne tenuta la condotta colposa fonte di danno»