La Circolare del Ministero della Salute del 9 maggio u.s. sui test di screening e diagnostici per Covid-19 ha finalmente fatto chiarezza sull’utilizzo dei test sierologici, una questione molto dibattuta nella fase 2 di questa pandemia.  Essi sono utili per stimare la diffusione dell’infezione nella comunità, anche in individui poco sintomatici che si presentino tardi all’osservazione clinica, ma sono ” lacunosi” relativamente alla capacità di fornire informazioni sulla presenza di anticorpi neutralizzanti  in grado di proteggere dall’infezione e sulla loro persistenza a lungo termine: il risultato qualitativo del singolo campione di siero non è attendibile per la diagnosi, anche per possibile cross-reattività con differenti patogeni affini, mentre l’assenza di anticorpi non esclude la possibilità di infezione in atto e il grado di contagiosità dell’individuo.

I test sierologici quindi “non possono essere considerati come strumenti diagnostici sostitutivi del test molecolare”, servirebbero solo, e con qualche dubbio, ad attestare l’avvenuta infezione e non rilasciano alcuna patente di immunità. Segnaliamo, in aggiunta, che il Garante della Privacy ha sancito che l’effettuazione di tali test puo’ essere disposta, ai fini della ripresa dell’attività lavorativa, esclusivamente dal Medico competente e giammai dal datore di lavoro.

Proprio perché possono generare falsi positivi e falsi negativi, con gravi conseguenze sulle misure di prevenzione e controllo delle infezioni, l’OMS raccomanda l’uso di tali test solo in ambito di ricerca; dopo indizione di procedura a evidenza pubblica per l’effettuazione di 150.000 test sierologici (bando del  17 aprile u.s. del Commissario straordinario), il DL n. 30 del 10-5 “Misure urgenti in materia di studi epidemiologici e statistiche sul SARS-COV-2 emana disposizioni sulla realizzazione di un’indagine di sieroprevalenza condotta dal Ministero della Salute e dall’ISTAT. Essa sarà svolta nel rispetto di quanto stabilito dal protocollo approvato dal Comitato tecnico scientifico presso la Protezione civile, nonché delle pertinenti Regole deontologiche allegate al Codice per la protezione dei dati personali:  “ i campioni  raccolti  presso  gli  appositi  punti  di  prelievo vengono analizzati  e refertati  dai  laboratori  individuati  dalle Regioni e dalle Province autonome”, utilizzando il metodo CLIA e/o ELISA raccomandato dal Ministero, con specificità non inferiore al 95% e sensibilità non inferiore al 90%; i dati delle sperimentazioni in atto, anche quelle delle Aziende sanitarie, devono confluire in unico data base coordinato a livello regionale e nazionale.

L’OMCeO di Campobasso ritiene di dover intervenire per fare chiarezza in materia, allo scopo di contenere il fenomeno dell’utilizzo indiscriminato di tali test, che crea illusorie aspettative nei cittadini, mettendo in difficoltà il percorso diagnostico già oneroso, con incremento del numero inappropriato di tamponi di verifica e ulteriore aggravio di lavoro degli operatori del laboratorio Covid-19.

Pertanto ne sconsigliamo l’uso da parte di singoli cittadini, perché l’interpretazione dei dati richiede la supervisione di un medico che decida ulteriori necessari accertamenti. Invitiamo operatori, strutture sanitarie e aziende a non rilasciare dichiarazioni poco chiare, confondenti e non supportate da evidenze scientifiche, soprattutto a non esortare la popolazione all’utilizzo di massa, che non rientri in una pianificazione regionale.

La prudenza tutelerà coloro che sono spinti dalla volontà apprezzabile di fornire un servizio utile ai cittadini, mettendoli al riparo da possibili accuse di speculazione

Nota

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