Considerando la pandemia da coronavirus COVID-19 in corso e le grosse difficoltà del sistema SSN
nella gestione del contenimento del contagio L’ARCA Molise (Associazioni Regionali Cardiologi
Ambulatoriali- MOLISE) si sente in dovere di dare il proprio contributo non solo scientifico.
PREMESSA
Secondo un recente report dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) la mortalità in pazienti
deceduti e positivi al virus SARS-CoV-2 è del 5,8%, ed è più alta nei pazienti con
malattie cardiovascolari. (1)
Dall’analisi ISS fatta sui pazienti deceduti con COVID-19, il 30.1% presentano una cardiopatia
ischemica, l’11% ictus ed il 22% una fibrillazione atriale, il 73.8% ipertensione arteriosa; e la
mortalità, che è poco superiore al 2% nella popolazione generale, sale al 6% nei pazienti
ipertesi e raggiunge il 10% nei pazienti con scompenso cardiaco o altre malattie
cardiovascolari.
Il fatto che i pazienti COVID-19 con patologie cardiovascolari siano a maggior rischio di
manifestare un decorso critico non è solo legata alla loro maggiore età e fragilità sistemica, ma
anche alla destabilizzazione di problematiche cardiovascolari preesistenti che si possono
associare ad un maggior danno cardiaco acuto e a complicanze di tipo aritmico.
COVID-19 e complicanze cardiovascolari
Il virus SARS-CoV-2 colpisce l’apparato respiratorio e nel 10% dei casi determina polmoniti
interstiziali bilaterali con la necessità frequente di intubare spesso il paziente.
L’infezione può scatenare una risposta infiammatoria a livello polmonare molto importante
con la produzione di grandi quantità di radicali liberi ed interleuchine che vengono immesse
in circolo, trasformando l’infiammazione da locale in sistemica. Lo stato infiammatorio
sistemico, pertanto, si può portare alla destabilizzare di placche ateromasiche, anche piccole,
che portano ad un aumento degli eventi cardiovascolari acuti (infarti ed ictus) in questi
pazienti. Uno dei rischi del COVID-19, quindi, è che possano insorgere infarti del miocardio
che possono decorrere in maniera misconosciuti in soggetti con un quadro clinico
compromesso e, come già detto, frequentemente intubati, e che possa pregiudicarne in
maniera importante la prognosi.
La stessa risposta infiammatoria innescata da SARS-CoV-2 potrebbe avere degli effetti
dannosi diretti sul miocardio. Infatti, non si può escludere che l’infezione virale causi un
danno miocitico diretto con associate miocarditi, come è stato già dimostrato nel caso di
infezione da altri tipi di coronavirus. In una recente pubblicazione Ying-Ying Zheng e
collaboratori sostengono che l’azione del virus sul cuore potrebbe essere mediata da un
recettore particolarmente espresso sia dalle cellule dei polmoni che dalle cellule del tessuto
cardiaco: l’ACE-2. (2) Secondo i primi studi, il SARS-CoV-2, esattamente come altri
coronavirus (es quello della SARS nel 2003) sarebbe in grado di legarsi alla recettore ACE2,
espressa a livello cardiovascolare, grazie a una sua proteina di superficie: la cosiddetta proteina
“Spike”. Se l’ipotesi venisse confermata avremmo una spiegazione del meccanismo alla base di
alcune delle manifestazioni a livello cardiaco del SARS-CoV-2
Altra problematica è l’alterazione degli scambi gassosi dovuti alla scarsa capacità dei polmoni
di ossigenare il sangue che ha come diretta conseguenza un carico di lavoro superiore per il
cuore, a cui viene chiesto di pomparne di più e più velocemente. Tutto ciò può sicuramento
far precipitare un quadro di compenso in soggetti con nota fibrillazione atriale e/o
cardiopatia
Inoltre, nella pratica clinica sono sempre più frequenti i pazienti non-COVID19 con TIA
o SCA che rifiutano il ricovero in ambiente ospedaliero per paura del contagio. E’ stato
notato, che i pazienti con infarto acuto arrivano sempre più tardivamente rispetto a prima del
diffondersi dell’epidemia. Questo fa presagire che a breve superata la fase di urgenza
COVID19, potremmo trovarci a trattare una serie di cardiopatici che nel frattempo non si sono
curati in modo opportuno. Pertanto, essendo questa una tra le categorie di malati cronici in
assoluto più a rischio, è necessaria una particolarmente attenzione soprattutto in questo
momento
MOLISE e COVID-19
La regione Molise, attualmente ha apparentemente una bassa incidenza di pazienti COVID19,
presumibilmente sottostimata. In attesa dell’aumento della curva di infezione, la regione ha
puntato nella riorganizzazione ospedaliera trasformando molti letti di degenza in letti COVID
così come altre regioni del centro-sud.
I cardiologi ambulatoriali operanti sul territorio, dopo l’adozione delle “misure di
contenimento”, sono stati invitati a ridurre e/o a sospendere la propria attività in quanto non
provvisti di adeguati dispositivi di protezione così come gli altri operatori sanitari del
territorio (MMG, pediatri, specialisti etc). Pertanto, tutte le visite mediche programmate di
routine sono state rimandate con l’indicazione a preferire il triage telefonico – come se un
cardiopalmo aritmico, una precordialgia, uno scompenso possano essere gestito e risolto
telefonicamente -. I poliambulatori sono stati chiusi a giorni alterni generando ancora più
confusione nei pazienti e negli operatori su come gestire la riprogrammazione e quando farla.
A nostro avviso gli ambulatori sul territorio devono continuare a funzionare
soprattutto per evitare una minore affluenza in ospedale.
Altra nota dolente è che nel confronto con colleghi di altre regioni l’organizzazione è
spesso diversa in quanto legata alla diversa organizzazione sanitaria.
Chiediamo, pertanto, che nei momenti di grande crisi come questo, ci debbano essere
proposte concrete ed univoche. In questo la nostra Società Scientifica a nostro avviso
può dare il suo contributo.
PROPOSTA:
Proponiamo che l’ARCA prenda una posizione ben precisa agendo sulle autorità competenti
riguardo:
1. acquisizione di dispositivi di protezione individuale (DPI)
2. uso dei tamponi
3. necessità di una diversa organizzazione sanitaria in fase critica
1. Acquisizione DPI: L’ ART. 2 della normativa vigente del D.P.C.M. del 4.3.2020 che detta le
misure da adottare sull’intero territorio nazionale recita che “il personale sanitario si deve
attenere alle appropriate misure di prevenzione per la diffusione delle infezioni per via
respiratoria…”
I sanitari per poter garantire appropriate misure di prevenzione devono però essere
dotati non solo di mascherine appropriate ma anche, quando è necessario, di occhialini,
guanti, camici monouso e soprascarpe impermeabili, cioè dei così detti dispositivi di
protezione individuale (DPI). Tali dispositivi devono essere forniti non solo ai medici che sono
in prima linea nelle strutture ospedaliere, ma anche a chi si trova ad operare sul territorio.
Auspicabile è che ad esempio piccole aziende tessili locali, su spinta governativa,
rimodulino le loro attività per produrre i DPI.
2. Uso dei tamponi: Nella pratica clinica stiamo assistendo sempre più a vedere personale
sanitario che si contagia nello svolgere il proprio dovere. Nella regione Molise abbiamo avuto
alcuni casi di medici che sono stati “diffusori” del virus non sapendo di essere infetti. Pertanto,
L’uso dei tamponi sul personale sanitario che viene a contato in vario modo con i pazienti
anche non-COVID è da considerarsi prioritario, al fine di individuare in maniera precoce i
sanitari positivi al COVID 19 ed evitare così la diffusione del virus. Serve, inoltre, sensibilizzare
gli stessi operatori sanitari a non prestare attività se presentano sintomi anche sfumati,
effettuando i tamponi di verifica prima di qualsiasi contatto o meglio ancora i nuovi kit
IgM/IgG. Recentemente, infatti, è stato approvato dal Ministero della Salute il covid 19
IgM/IgG rapid test che permette di avere un risultato in 15 minuti.
Attualmente i tamponi sono eseguiti, seguendo le linee guida OMS consigliate, solo sui
pazienti con febbre e sintomi respiratori dopo valutazione del medico di medicina generale
(MMG) e previo contatto del numero verde. L’importante diffusione dei contagi, però, ha
fatto sì che sia difficile reperire sia i tamponi e sia i reagenti.
L’ARCA può suggerire alle autorità competenti, ad esempio, che in una condizione
pandemica appare inutile usare i tamponi in pazienti che presentano inequivocabilmente
sintomi per COVID-19 come febbre e insufficienza respiratoria, come attualmente si fa nella
pratica clinica, in quanto è solo una ulteriore conferma. In questi soggetti deve essere
sufficiente la clinica ed altri test come Rx/TAC a portare il paziente ad essere trattato come
paziente COVID. Questo permetterebbe di avere più tamponi disponibili per i sanitari o
anche per pazienti con sintomi sfumati e/o dubbi, che possono potenzialmente
contagiare altri soggetti. I Kit possono essere usati per scrinare la popolazione e limitare la
conferma della positività con il tampone solo quando sono IgM +.
3. Necessità di una diversa organizzazione sanitaria in fase critica:
Le strutture sanitarie delle regioni del nord, che si sono trovate ad affrontare inaspettatamente
il rapido diffondersi del SARS-CoV-2, hanno dovuto velocemente attrezzarsi con numerosi
posti letto COVID. Il trattamento di pazienti COVID-19si svolge pertanto nelle regioni più
colpite essenzialmente in ospedale.
Con il passare dei giorni, però, sono sempre più numerose le voci di colleghi che fanno
emergere i grossi limiti del sistema OSPEDALE-CENTRICO. Gli ospedali ormai sono diventati
essi stessi a volte amplificatori della diffusione. Pertanto, vi è urgente bisogno di un cambio
di mentalità nella gestione con programmi che abbiano una visione anche prospettica.
La regione Molise ha puntato, come molte altre regioni nella riorganizzazione ospedaliera
trasformando molti letti di degenza in “letti-COVID”, così come altre regioni del centro-sud.
Molti delle regioni del centro-sud, però, vengono da anni di commissariamento che ha portato
tagli non solo sui posti letto, ma anche del personale qualificato. Pertanto, se la curva di
diffusione improvvisamente si impennasse gli ospedali verrebbe semplicemente sopraffatti e
sicuramente in un periodo molto inferiore a quello delle regioni del nord, da sempre più
all’avanguardia e più virtuose.
La proposta, pertanto, è quella di adottare almeno nelle regioni del Centro-SUD in cui la
diffusione ancore è allo stato più limitata un modello TERRITORIO-CENTRICO e che punti
essenzialmente sulla prevenzione, come suggeriscono anche i colleghi dell’Ospedale Giovanni
XXIII di Bergamo IN un recente articolo su New England Journal. (3)
1. Misure contenitive sulla popolazione: data la diffusione veloce il governo, seguendo
l’esempio della Cina, ha adottato misure “draconiane” di contenimento adottando politiche
di “distanziamento sociale”. La prevenzione del contagio tramite limitazione dei contatti
è sicuramente la prima risposta contro le infezioni da nuovi patogeni. Ma nella pratica può
presentare grossi limiti se non si associano altre misure come:
a. Uso diffuso di mascherine
b. Tamponi/ Ig KIT rapidi eseguiti
– a tappeto in maniera mirata su alcuni gruppi della popolazione (es sanitari, cassiere)
o su pazienti con problematiche cardiopolmonari con sintomi sfumati.
– in ambulatori anche privati e a pagamento
– in modalità “DRIVE-IN” (paziente in macchina)
c. “distanziamento sociale” anche nelle famiglie, soprattutto se presenti soggetti cardiopatici,
e prevedere strutture (es alberghi) per personale sanitario o paziente che non possono avere
un adeguato isolamento domiciliare.
2. Riattivazione degli ambulatori del territorio soprattutto di quelli cardiologici con
personale medico fornito di DPI / fornire tutto il personale sanitario, anche del
territorio di DPI.
3. puntare su tutti gli strumenti e le tecnologie che permettono di aumentare le cure domiciliari
(dalla nutrizione all’ossigenoterapia) e rendere più flessibile l’assistenza per esempio con il
ricorso alle strutture sanitarie mobili per i casi meno gravi
4. istituire figure sanitarie-tecniche di coordinamento governo-regioni differenti per il NORD e per
il Centro-SUD.
Referenze:
1. Istituto Superiore di Sanità: report aggiornato 17 marzo 2020
2. “COVID 19 and the cardiovascular system”. Ying-Ying Zheng e coll; Nature Reviews Cardiology
https://doi.org/10.1038/
s41569-020-0360-5
3. “At the epicenter of the Covid19 pandemic and humanitarian crises in Italy: changing
perspective on preparation and mitigation”. Mirco Nacoti e coll; Catalyst-NEJM- march 2020
AddolorataCarcagnì, Responsabile scientifico ARCA Molise
Giuseppe D’Ascenzo, Presidente ARCA Molise