A qualche ora di distanza dai fatti di cronaca di Nola, il presidente della FNOMCeO, Roberta Chersevani ricollegandosi alle considerazioni di ieri, ha voluto fare una riflessione più approfondita e ponderata, nell’attesa di recarsi domani sul territorio campano.

Faccio fatica a capire se i medici dell’Ospedale di Nola sono eroi, o incapaci, o persino delinquenti.

Se sono eroi perché sospenderli?

Sono forse loro i responsabili di un Pronto Soccorso strapieno (come la stragrande maggioranza dei Pronto Soccorso), dell’indisponibilità  di posti letto (non si riesce più a tener conto di quanti ne siano stati tagliati nel tempo), dell’epidemia di influenza (quest’anno più aggressiva), della mancanza di barelle?

In un contesto in cui la politica, una non equa ripartizione delle risorse in sanità, le carenze strutturali, la disorganizzazione, non solo creano situazioni come quelle agli onori della cronaca di questi giorni, ma soprattutto condizionano e inquinano un ambiente lavorativo in cui  medici e infermieri operano in grave sofferenza, con spirito di abnegazione, perché devono essere i medici della prima linea a pagare? A quando i livelli essenziali dell’organizzazione?

Domani sarò ospite dell’Ordine dei Medici di Caserta, per un Convegno organizzato dall’Osservatorio della Professione Medica e Odontoiatrica al Femminile della FNOMCeO: vedrò se riesco a portare un saluto ai pazienti e ai colleghi del Pronto Soccorso di Nola”. 

Intanto il Comitato Centrale della FNOMCeO chiede l’immediata revoca dei provvedimenti di sospensione che hanno colpito i colleghi dell’ospedale di Nola i quali, pur in condizioni di grave disagio organizzativo,  non hanno mai fatto mancare il proprio apporto professionale per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini.

Latitare sulla necessaria concertazione delle scelte strategiche in sanità, rincorrere ad ogni costo il risparmio piuttosto che l’efficienza e l’equità dell’assistenza, smantellando – pezzo dopo pezzo – l’offerta pubblica e universalistica del Servizio Sanitario Nazionale, dà la misura di una politica che nasconde la propria inadeguatezza,  additandone i responsabili nei medici. Medici che, anche in condizioni estreme, non rinunciano comunque a prestare assistenza, ben consapevoli del degrado in cui sono costretti incolpevolmente ad operare. Ormai continuare a tacere è essere complici. E noi – anche se dotati di grande senso di responsabilità verso i nostri pazienti e la sanità tutta – non vogliamo in alcun modo essere complici.

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