La Guardia di Finanza effettua dei controlli sulla veridicità delle autocertificazioni per ottenere l’esenzione dal ticket sanitario per motivo di reddito.
La sottoscrizione da parte di un assistito di una autocertificazione di possesso dei requisiti in realtà poi accertati non sussistenti per l’esenzione dal ticket sanitario per reddito cod.E02 costituisce una violazione di legge punibile ai sensi dell’art. 316-ter del codice penale con una sanzione amministrativa pecuniaria da 5164 a 25822 euro, riducibile se il pagamento avviene entro 60 giorni dalla contestazione della violazione, secondo la sentenza della Cassazione Sez Unite n.7537/2010.
La falsa dichiarazione costituisce una violazione di legge, indipendentemente dal fatto che vi sia o meno un danno erariale per il fatto concomitante che l’assistito risulti affetta da patologie per le quali comunque è previsto un diritto, dal momento del loro riconoscimento, ad una esenzione parziale dal pagamento del ticket specifica per patologia.
L’utilizzo improprio dell’esenzione per reddito autocertificata è imputabile unicamente a chi la sottoscrive consapevole che non corrisponde alla reale situazione reddituale o senza verificare l’effettivo possesso dei requisiti.
La Cassazione a Sezioni Unite (Sentenza 16 dicembre 2010 – 25 febbraio 2011, n. 7537) ha approfondito le responsabilità di queste condotte. In precedenza, alcune sentenze della Cassazione avevano qualificato la condotta sopra descritta in termini di truffa aggravata in danno di ente pubblico (art. 640 bis c.p.), in conformità a quanto statuito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 16568 del 19/04/2007, sui i rapporti tra le fattispecie criminose di cui agli artt. 316 ter e 640 bis c.p., mentre altra parte della giurisprudenza aveva inquadrato tale condotta nel reato di indebita percezione di erogazioni in danno dello Stato o di altri enti pubblici (art. 316 ter c.p.), punito con sanzioni meno severe e con la sola sanzione amministrativa da € 5.164,00 ad € 25.822,00, qualora la somma indebitamente percepita fosse pari o inferiore a 4000 euro.
Le Sezioni Unite hanno affermato che vanno ricondotte alla fattispecie di cui all’art. 316 ter – e non a quella di truffa – le condotte alle quali non consegua un’induzione in errore per l’ente erogatore, dovendosi tenere conto, al riguardo, sia delle modalità del procedimento di volta in volta in rilievo ai fini della specifica erogazione, sia delle modalità effettive del suo svolgimento nel singolo caso concreto.
La Corte Costituzionale con ordinanza n. 95 del 2004 ha affermato, come il carattere sussidiario e residuale dell’art. 316 ter rispetto all’art. 640 bis c.p., chiarendo che l’art. 316 ter assicura una tutela aggiuntiva e “complementare” rispetto a quella offerta agli stessi interessi dall’art. 640 bis, coprendo in specie gli eventuali margini di scostamento – per difetto – del paradigma punitivo della truffa rispetto alla fattispecie della frode. Ha quindi rinviato all’ordinario compito interpretativo del giudice l’accertamento, in concreto, se una determinata condotta formalmente rispondente alla fattispecie dell’art. 316 ter integri anche la figura descritta dall’art. 640 bis, dovendosi, in tal caso, fare applicazione solo di quest’ultima.
L’art. 316 ter c.p., punisce condotte non incluse nella fattispecie di truffa, caratterizzate, oltre che dal silenzio antidoveroso, da false dichiarazioni o dall’uso di atti o documenti falsi, ma nelle quali l’erogazione non discende da una falsa rappresentazione dei suoi presupposti da parte dell’ente pubblico erogatore, che non viene indotto in errore perché in realtà si rappresenta correttamente solo l’esistenza della formale attestazione del richiedente”. In base a tale principio le Sezioni Unite hanno ribadito che la truffa va ravvisata solo dove l’ente erogante sia stato in concreto “circuito” nella valutazione di elementi attestativi o certificativi artificiosamente decettivi, mentre vanno ricondotte all’art. 316 ter le condotte alle quali non consegua un’induzione in errore per l’ente erogatore.
Integra il reato previsto dall’art. 316 ter c.p., anche la indebita percezione di erogazioni pubbliche di natura assistenziale, tra le quali rientrano quelle concernenti la esenzione del ticket per prestazioni sanitarie ed ospedaliere, in quanto nel concetto di conseguimento indebito di una erogazione da parte di enti pubblici rientrano tutte le attività di contribuzione ascrivibili a tali enti, non soltanto attraverso l’elargizione di una somma di denaro ma anche attraverso la concessione dell’esenzione dal pagamento del ticket, perchè anche in questo secondo caso il richiedente ottiene un vantaggio e beneficio economico ingiusto che viene posto indebitamente a carico della comunità.
Il reato di cui all’art. 316 ter c.p., assorbe quello di falso previsto dall’art. 483 c.p., in tutti i casi in cui l’utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o documenti falsi costituiscono elementi essenziali per la sua configurazione, nel senso che la falsa dichiarazione rilevante ex art. 483 ovvero l’uso di un atto falso ne costituiscono modalità tipiche di consumazione; “L’assorbimento del falso ideologico nel delitto di cui all’art. 316 ter si realizza anche quando la somma indebitamente percepita o non pagata dal privato non superando la soglia minima dell’erogazione (euro 4000 ) integri la meno grave violazione amministrativa prevista dal secondo comma dell’ art. 316 ter”.
Quindi la falsa autocertificazione delle condizioni del reddito, al fine di ottenere l’esenzione dal pagamento delle prestazioni sanitarie, integra il meno grave reato di cui all’art. 316 ter c.p. e non la fattispecie di truffa aggravata. Nell’ipotesi, invece, di presentazione di un certificato ISEE attestante condizioni di reddito non corrispondenti al vero, si potrebbe invece ipotizzare la sussistenza del reato di truffa per cui non opera la predetta soglia di rilevanza penale di 4000 euro.